Una lettera nella quale i familiari chiedono verità e giustizia che tocca il cuore di ognuno di noi ed il cui contenuto condivido quasi totalmente. I malati ricoverati in ospedale, destinati a morire in solitudine, rappresentano una vergogna che mai potrà essere lavata dalla faccia dei responsabili che lo hanno permesso. Vergogna che ancora, in parte, si verifica negli ospedali dove, anche oggi, i ricoverati, quelli positivi al tampone anche se portatori di patologie diverse, devono vivere la solitudine e la mancanza di conforto dei propri familiari.
“Candidate, Candidati, siamo il Comitato Nazionale Familiari Vittime del Covid e Anchise – comitato famiglie RSA RSD,
i familiari di quei poveri martiri che hanno pagato il prezzo più alto
di una gestione quantomeno approssimativa della pandemia, frutto di 25
anni di tagli alla sanità che hanno ridotto il nostro sistema sanitario
in condizioni disastrose.
Siamo gli invisibili,
quelli che non sono scesi in piazza, quelli che non sono stati mai presi
in considerazione dai media, quelli che nella narrazione del governo,
della normalità, dell’andrà tutto bene non erano contemplati perché rovinavano l’immagine di efficienza e ottimismo che si voleva trasmettere.
E così anche l’opinione pubblica ha scelto di ascoltare la narrazione accomodante e rassicurante, guardandoci con pietà e finta compassione come degli sfortunati, vittime di un virus letale.
No, non ci avete visto sbraitare in piazza,
né per le vittorie nazionali (purtroppo per noi l’Italia ha perso la
partita più importante, quella della sanità), non ci avete visto in
piazza a gridare, assaltare sindacati, divellere panchine. No, noi siamo
stati buoni e abbiamo rispettato la legge, ci siamo fidati dello Stato e della sanità, non abbiamo sfondato i pronto soccorso quando sentivamo i nostri cari urlare disperati, non abbiamo fatto irruzione quando al telefono ci chiedevano di essere portati via da lì perché li stavano uccidendo.
Abbiamo dimostrato un’enorme dignità in un dolore che nessuno di voi può capire, nessuno.
Salutare la propria mamma e vederla sparire in un buco nero dal quale
ricevi notizie vaghe una volta al giorno senza poterla vedere, toccare,
asciugare il sudore, aiutarla a bere. E un “bel” giorno, dopo che fino
al giorno prima hai sentito dirti “va tutto bene, i valori sono stabili“, sentirsi dire “ci dispiace, la mamma non ce l’ha fatta”.
Come fai ad elaborare un lutto del genere? Un
lutto senza morto, un lutto senza che tu abbia potuto prenderti cura
del tuo congiunto. Entra una persona ed esce un brutto vaso pieno di
polvere.
Sappiate però che l’educazione, la pacatezza, la dignità del dolore non significano arrendevolezza o rassegnazione. Ci è stato tolto tutto, non abbiamo più nulla da perdere, la
missione della nostra vita oramai è quella di ridare voce a tutte
quelle povere anime, fare chiarezza e cercare di evitare che altra gente
soffra l’inferno che stiamo soffrendo noi tutti.
Senza voler puntare il dito contro nessuno
in particolare, possiamo tranquillamente affermare, date le nostre
esperienze personali, che la retorica del medico eroe della prima ondata non è valsa per le ondate successive.
Ma il precedente governo ha voluto
insistere su questa retorica rassicurante e orgogliosa, motivo per cui
noi dovevamo sparire e siamo spariti da tutti quei media che hanno
assecondato il governo, dimostrando scarsa fedeltà alla carta di Roma e ai principi cardine del giornalismo, che dovrebbe dare voce a chi non ce l’ha anziché essere grancassa di chi il potere lo detiene.
Sono troppi gli errori, le
“disattenzioni”, le carenze che hanno portato alla morte i nostri
cari e che sono state archiviate come morti covid, quando invece
dovevano essere ascritte alla voce malasanità. Noi tutti abbiamo denunciato gli ospedali,
descrivendo e allegando dettagliatamente quanto successo. Così non si
può dire delle cartelle cliniche che erano (e sono) spesso molto
“fantasiose”, con cancellazioni, fogli mancanti, fogli di altri pazienti,
o addirittura fatte sparire, così come molti degli oggetti di valore
che i pazienti covid portavano con sé (anelli, collane, smartphone).
Tutto ciò, in un paese normale, avrebbe dovuto scatenare un terremoto nella sanità, ma così non è stato perché con lo stato d’emergenza e lo scudo penale,
la maggior parte degli avvocati non ha neanche provato a fare causa
contro gli ospedali, e solo pochi coraggiosi come noi lo hanno fatto.
Per elencare alcune delle criticità emerse, potremmo parlare dei contagi
ospedalieri che avvengono ancora a distanza di anni dall’inizio della
pandemia, potremmo parlare del famigerato “Protocollo Vigile attesa e Tachipirina” che tanti morti ha causato.
Più in generale possiamo parlare del rapimento di tanti pazienti,
sottratti alla vista e all’assistenza dei propri cari in nome
di un’emergenza che era ben strana, dato che riguardava solo gli
ospedali. Non si poteva fare assistenza ai propri cari ma gli stadi
erano pieni, le discoteche erano piene, i ristoranti erano pieni e così
via. Abbiamo quindi assistito a una disumanizzazione della cura e del paziente stesso. In nome di un’emergenza “asimmetrica” (concerti, stadi, vacanze concesse e ospedali blindati) sono stati calpestati l’articolo 32 della Costituzione, la Carta dei diritti del morente (in particolar modo i punti 10,11 e 12) e la carta dei diritti del malato in quasi tutti i suoi punti.
Tutto questo nell’assoluto e colpevole silenzio di tutti.
Centinaia di migliaia di persone sono morte
in completa solitudine, senza il conforto di una mano o di uno sguardo
familiare, senza quell’amore che è la più efficace delle medicine, molto
spesso lasciate per ore ed ore senza bere, senza mangiare, senza essere
cambiate. E dopo il decesso non è stata concessa loro neanche la
dignità del morente, con il colpevole silenzio della Chiesa. Nessun riconoscimento della salma, nessun ultimo saluto, nessuna estrema unzione.
Corpi denudati, lavati con varechina, messi
in sacchi neri e “smaltiti” in un inceneritore come se fossero rifiuti.
Ma la disumanizzazione della morte parte da molto prima. Si pensi, ad
esempio, alle zone. In televisione venivano snocciolati numeri come se
si parlasse di previsioni del tempo, ma quei numeri erano persone: genitori, mariti, mogli, fratelli, figli.
Quei numeri erano persone che morivano nell’indifferenza generale.
La maggior parte della popolazione guardava quei numeri solo per sapere
a che ora avrebbe potuto fare l’aperitivo: 18 e 30 o 20 e 30? Il
governo continuava a rassicurare dicendo che i morti erano tutti anziani
e con patologie, quando invece morivano anche pazienti molti giovani e
in ottima salute. E comunque, anche se fossero stati ultracentenari con
mille patologie, avrebbero avuto diritto ad una morte dignitosa.
Il precedente governo e molti dei candidati a queste elezioni, assieme alla stampa,
sono quantomeno complici di questa disumanizzazione delle morti,
assieme alla Chiesa, che tutt’oggi non ha speso una parola in merito. La
Chiesa che non ha messo piede nei reparti covid per dare l’estrema
unzione, la Chiesa che non ha speso una parola sulla pratica barbara di “smaltimento” delle salme.
E colpevoli sono anche i vari cantanti, attori, influencer che
si sono spesi per ogni causa possibile ma non hanno osato mettersi
contro la narrazione del governo, anzi, hanno assecondato le scelte del
governo prestando i loro volti per spot e campagne varie, salvo fare
polemiche ad personam (si pensi alla famosa nonna di Fedez) che
alzavano piccole nuvole di polvere senza però scalfire il sistema
marcio che dal 2020 in poi ha mietuto centinaia di migliaia di vittime
evitabili.
Potremmo circostanziare le accuse e
analizzarle una per una, ma non è questo l’intento della presente
lettera, né è questa l’occasione giusta per farlo. I nostri iscritti
hanno tutti sporto regolari esposti o denunce in cui viene argomentato per filo e per segno il trattamento disumano ricevuto dai nostri cari.
In questa lettera noi vi chiediamo di mettervi una mano sulla coscienza,
se ne avete una, e cercare di risponderci sinceramente, senza
politichese e senza false promesse che si sciolgono come neve al sole
alla prima crisi di governo.
Siamo tutte e tutti distrutti psicologicamente, i tentativi di suicidio tra noi, i danneggiati da vaccino e
i long covid non si contano, eppure andiamo avanti, andiamo avanti per
rendere giustizia alle persone che più amavamo e che ci avete strappato,
sacrificandole sull’altare del PIL e della “normalità” quando di normale, in questa orrenda pagina della storia italiana, non c’è proprio nulla.
Quindi, per essere il più sintetici possibile:
CHIEDIAMO
1) Che il primo atto del nuovo governo sia quello di istituire una commissione di inchiesta a 360 gradi sulla gestione della pandemia. Una
commissione di inchiesta che non sia chiusa nelle stanze dei palazzi ma
che includa strutturalmente tecnici di specchiata onestà e senza
conflitti di interessi con case farmaceutiche. Tale commissione dovrà
prevedere la presenza attiva (non semplici audizioni di
pochi minuti) dei comitati dei familiari delle vittime, in quanto
protagonisti loro malgrado di questa tragedia annunciata e mal gestita.
Chiediamo inoltre che venga istituita una commissione tecnico-scientifica atta a verificare i danni derivanti da vaccino e long covid.
2) Che il lavoro degli enti inquirenti non venga in alcun modo intralciato con
stati di emergenza fasulli o scudi penali, e che le verità processuali
siano aderenti alle verità fattuali senza nessuna attenuante.
3) Che i familiari delle vittime Covid ricevano sostegno psicoterapeutico gratuito per
tutto il tempo necessario a rendere la loro vita più accettabile (no,
per noi la normalità non esisterà più). Il bonus psicologo rientra in
quella logica della lotteria per la quale qualcuno vince e qualcuno
perde. Noi abbiamo già perso abbastanza e il sostegno psicoterapico di
qualità e mirato è per noi un DIRITTO, non una lotteria da vincere.
Chiediamo inoltre, laddove sia necessario, un sostegno economico a
quelle famiglie che, avendo perso la principale fonte di sostentamento
(marito, genitore, moglie), si sono ritrovate ad affrontare, oltre al
dolore atroce, anche problemi pratici di natura economica.
4) Esigiamo scuse ufficiali dalle istituzioni e
gesti concreti che commemorino e ricordino i nostri martiri. Un
semplice parchetto alla periferia di Bergamo, un concerto arrangiato e
due parole del sindaco di Bergamo sono un insulto, non una
commemorazione. Ai nostri cari dovranno essere intitolate strade e
piazze e la Giornata della Memoria dovrà essere una giornata di lutto
nazionale, quel lutto collettivo che non è mai stato elaborato, ma solo
rimosso dalla parola “normalità”.
5) Per finire chiediamo la cosa che al
momento abbiamo più a cuore, l’unica che ridarebbe un minimo di dignità
ai nostri cari e che darebbe un senso alla loro morte. Esigiamo una riforma della sanità pubblica che
permetta a tutti di curarsi in sicurezza, avendo vicino i propri cari,
in ambienti confortevoli, con personale sanitario che non sia costretto a
fare l’eroe lavorando 15 ore, con il rischio (poi verificatosi) di
andare in burnout o di sbagliare terapia, determinando la morte del paziente. Inoltre, chiediamo l’abolizione della legge Gelli e
dell’imposizione di protocolli che riducono l’uomo ad una macchina
costruita in serie. Ogni medico dovrà essere libero di applicare le cure
adatte ad ogni singolo paziente in base alle specificità dello stesso.
Basta promesse.
Vogliamo che dal letame di questi tre anni
nasca il fiore di una sanità a misura di paziente. Mai più i familiari
dovranno essere separati dai propri cari, mai più le persone dovranno
morire sole e abbandonate in asettiche stanze di ospedale. Mai più.
Sappiamo che ignorerete questa lettera come
avete ignorato ogni nostra iniziativa fino ad ora, ma vogliamo che
sappiate una cosa: ciò che ci tiene in vita è la voglia di giustizia e verità, e andremo fino in fondo. Anche se ci vorranno quarant’anni, noi continueremo a lottare con ancora maggior determinazione.”