giovedì 9 febbraio 2023

Un tempo "la salute" era il principale obiettivo. Oggi è ancora così?

 

Un evento recentissimo mi spinge ad una riflessione, dolorosa, sulle caratteristiche della “società scientifica” nel mondo attuale. Mi riferisco alla pubblicazione di un articolo https://www.mdpi.com/2076-0817/12/2/233 a firma di 3 ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità che, con riferimento all’esame dei dati disponibili relativi ai vaccini anticovid a mRNA (effetti avversi e percentuake di protezione), si conclude con questa frase: Pertanto, in questa fase, il rapporto rischio/beneficio (dei vaccini n.d.r.) potrebbe essere rivalutato anche per le persone anziane. Lo sviluppo di vaccini più tradizionali basati su antigeni molto meno variabili e non dotati di effetti tossici intrinseci è altamente auspicabile per proteggere gli anziani e le persone a rischio.

Un’ affermazione del tutto ragionevole, logica e giustificata, da veri scienziati insomma!

Ovviamente nel giro di 48 ore è arrivata la dissociazione e la dura critica dell’ ISS verso i suoi stessi ricercatori che dunque conferma che, oggi, qualsiasi opinione divergente dalla posizione ufficiale viene condannata senza neanche il bisogno di un esame critico e di una discussione.

https://www.iss.it/web/guest//comunicati-stampa/-/asset_publisher/fjTKmjJgSgdK/content/id/8242034

Dimostrazione questa, se per caso ce ne fosse ancora bisogno, che la “scienza”, oggi, è una religione, oltretutto oppressiva e sanzionatoria, con i suoi dogmi assoluti e i suoi “pasdaran” e non un sistema di conoscenze ottenute attraverso un'attività di ricerca permanente e una discussione serena e trasparente tra tutti i membri della sua comunità.

Insomma, la Santa Inquisizione, né più né meno!

Ma una volta non era così!

Riporto 2 esempi, vissuti personalmente nel corso della mia carriera, per dimostrare ciò cheaffermo.

Il primo si riferisce all’uso dell’acido acetilsalicilico (l’aspirinetta, come era chiamata quella per i bambini) come antifebbrile in pediatria.

Fino agli anni ‘70-’80 era il principale, forse unico, antipiretico utilizzato da noi pediatri e numerosi erano gli studi scientifici che ne dimostravano la validità e l’assenza di rischi. Poi cominciarono ad apparire alcuni studi che ne correlavano l’uso con l’insorgenza di un effetto avverso di particolare gravità, la sindrome di Reye. La successiva discussione nel mondo scientifico portò alla sua eliminazione dal corredo terapeutico del pediatra. La sostituimmo con il paracetamolo (la tachipirina) e nessun pediatra si sogna oggi di prescriverlo, se non in casi molto particolari (kawasaki e malattia reumatica)

Il secondo è ancora più significativo perché dimostra che, un tempo, la comunità scientifica non aveva remore o dubbi ad andare contro anche gli interessi commerciali delle aziende se era in gioco la salute.

Parlo della pratica dello “svezzamento precoce”, cioè dell’introduzione di cibi solidi (e dunque delle pappe con farine di cereali di vario tipo e degli omogeneizzati, i cosiddetti baby food) a partire dal terzo mese di vita. Numerosi articoli scientifici ne decantavano i vantaggi e, per 4-5 anni, fu consigliata, negli anni ‘80, ai genitori da tutti i pediatri, Poi, studiando i dati relativi ai problemi che potevano insorgere nei lattanti in relazione a questa tipologia di svezzamento (aumento delle malattie allergiche, maggior rischio di celiachia, rischio di sviluppare diabete, obesità in età adulta) si ritornò alla consuetudine dell’allattamento esclusivo, se possibile, fino al sesto mese di vita.

Credo che questa revisione critica non fece assolutamente piacere alle industrie degli alimenti per bambini che rappresentano, allora come oggi, industrie ad altissimo fatturato, ma comunque dovettero fare buon viso a cattivo gioco.

Ma un tempo le cose funzionavano così e la “salute” era, in fondo, l’obiettivo principale,

Possiamo oggi affermare la stessa cosa?


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