lunedì 12 settembre 2022

Post-verità

 Un' analisi di Carlo Cuppini sul concetto di post-verità. Da leggere assolutamente perchè ci fa capire quanto sia, al giorno d'oggi, potente la possibilità di manipolare il giudizio dell'opinione pubblica, complici tutti i media, sotto totale controllo dell' apparato governativo. E' questa, a mio avviso, la deriva pericolosissima nella quale stiamo già ampiamente precipitando. E che riguarda non solo la pandemia e la guerra, ma che contraddistinguerà le nostre vite per tutto ciò che riguarderà il nostro futuro, perchè ormai "loro" hanno capito che funziona bene e ne hanno oliato tutti i meccanismi.


 

Post-verità
Censura, autocensura, rimozione, falsificazione, manipolazione attraverso il linguaggio sono temi che mi interessano da quanto ho quindici anni. Allora, invece di studiare matematica, leggevo libri di psicologia, sociologia, filosofia e religione (oltre ai fantasy, a Camus e a Tondelli). Queste modalità di relazionarsi degli umani con se stessi, con i propri simili e soprattutto con le strutture di potere sono state al centro del mio romanzo “Il mago”, scritto a 17 anni e dedicato a Giordano Bruno. Poi, molto più tardi, sono tornate fuori nei racconti assurdi di “Il mondo senza gli atomi”. Oggi è impossibile non tornare a riflettere su questi temi, su queste azioni, che possono essere riunite sotto il cappello concettuale di “post-verità”.
1) Alla morte di Gorbaciov la sua figura “doveva” essere celebrata. E se doveva essere celebrato, l’ex leader russo “doveva” essere per forza un antagonista di Putin. E in particolare doveva essere un’oppositore dei progetti putiniani sull’Ucraina. Nei coccodrilli la verità è stata presentata secondo questa logica. Dimenticando che Gorbaciov aveva dato la sua piena benedizione all’annessione della Crimea (“storicamente giusta e legittimata dalla volontà popolare") ed era totalmente contrario all’allargamento della NATO a Est (“una violazione dello spirito degli accordi per la riunificazione della Germania”). Dimenticando anche che sull’Ucraina aveva recentemente dichiarato, dopo l’invasione russa, che l’Occidente doveva tenere conto anche del punto di vista russo. In altre parole, la verità su cui si sono basati molti degli editoriali sulla morte dell’ex leader è stata costruita a tavolino secondo le necessità politiche del momento. Ecco: questa è la post-verità.
2) Questa post-verità fabbricata più o meno uguale in tutte le fucine massmediatiche è stata ripresa funzionalmente anche dal tecnocrate Mario Draghi, per il quale la verità è un fatto tecnico, e tecnicamente modellabile. Lo dimostrò in modo incontrovertibile nel luglio 2021, definendo il “green pass garanzia di frequentare persone non contagiose”. Il postulato era talmente falso che neanche Pinocchio avrebbe potuto pronunciarlo. Tuttavia era indispensabile per giustificare giuridicamente e politicamente la sospensione di numerosi diritti essenziali per milioni di persone, minorenni compresi, lasciati senza alcuna tutela.
3) Infatti, a stretto giro, i due giuristi di riferimento del Sole24Ore, Melzi e d’Eril (non per prendermela proprio con loro, ma per fare un esempio significativo) sostennero la legittimità e la costituzionalità del dispositivo in virtù della presunta - falsa - capacità del vaccino di conferire una completa, effettiva, certa immunizzazione, cioè di impedire il contagio: “Non ravvisiamo alcun problema nel condizionare la frequentazione di questi ultimi [i luoghi chiusi] all’esibizione di un certificato di avvenuta immunizzazione.” Poiché nel passaggio seguente non fanno riferimento al dramma degli ospedali al collasso, ma alla necessità di tutelare i fragili che non si potessero vaccinare (?), con “immunità” intendevano evidentemente “immunità sterilizzante”, cioè impossibilità di contagiarsi e di contagiare. Questo è. E accingendosi a giustificare la sospensione di diritti essenziali – cioè ad assumersi la responsabilità enorme di gettare milioni di persone nel dramma e nella povertà – non erano consentite carenze di informazioni, e ancora meno falle logiche.
4) Le regole della post-verità non prevedono la possibilità di ripensamenti, rettifiche, scuse: infatti in quel caso non ce ne sono state – nonostante che nei luoghi del green pass il virus corresse tra vaccinati e non vaccinati, fragili e non fragili, in barba a Draghi, Melzi e d’Eril. Niente scuse, niente rettifiche, niente risarcimenti alle vittime di misure aberranti e che non hanno centrato l’obiettivo perseguito, perché la (post)verità non è la ricerca del vero, ma la costruzione del funzionale; una enunciazione funzionale quanto più verosimile e plausibile; ma se poi non lo è affatto, pazienza.
Chiariamo un fatto: che l’assunto su cui si basava la “legittimazione” del GP fosse totalmente sbagliato, o meglio falsificato, non fu una scoperta successiva, dovuta al sopraggiungere di nuove e fino a lì ignote conoscenze. Prova ne sia che poche settimane dopo l’articolo di Melzi e D’Eril l’Associazione Nazionale Medici d’Azienda e Competenti bocciava completamente il GP per accedere ai luoghi di lavoro, asserendo che il vaccino non dava ALCUNA garanzia di non essere infettati e di non poter contagiare:
“È bene ricordare - e il MC lo deve richiamare in Azienda - che, allo stato attuale, la possibilità di contagiare e di contagiarsi sussiste indipendentemente dalla condizione vaccinale e/o dal possesso del green pass. Il certificato verde non rappresenta una “misura di sicurezza” per il Datore di Lavoro, a meno che non derivi dal reiterato controllo ogni 48h tramite tampone, condizione che riteniamo perlopiù inattuabile. (…)
Sulla base di queste considerazioni crollano quindi al momento le diverse ipotesi ed i tentativi di giustificare il “ricorso al green pass” in ambito lavorativo.”
5) Censura, autocensura, falsificazione, polarizzazione, criminalizzazione del pensiero critico, persecuzione dei non-unanimi. Questo è il contesto sociale, culturale, politico e mediatico in cui ci troviamo a vivere, con il benestare dei progressisti e dei liberali, che di questa temperie sono stati i principali e più convinti promotori. Che l’epoca delle emergenze sarebbe stata contraddistinta da queste peculiarità è stato evidente fin dal marzo 2020. La sospensione del FOIA (Freedom of information act), infilata da Conte in uno dei primi dpcm antipandemia (il Cura Italia), potrebbe essere visto come un fatto simbolico e inaugurale. Ricordo che il fatto – incomprensibile e ingiustificabile da tutti i punti di vista – fu denunciato soltanto da Laura Carrer, responsabile FOIA Trasparency Italia, sulle colonne del Sole24Ore, nella più clamorosa indifferenza dei ‘liberal’.
6) Uno dei tanti esempi che dà la misura di queste ormai durature deformazioni è un recente articolo di Repubblica firmato da Foschini e Monaco e intitolato “I No Vax diventano No Tax con la regia dell’ultradestra”. Il titolo chiaramente promuove la criminalizzazione del dissenso politico: se io sostengo che la catastrofe energetica che ci sta investendo deriva dall’errore di previsione delle leadership europee, che a marzo erano convinte – per dirla con le parole di Enrico Letta – che le sanzioni "più dure mai comminate in qualche giorno porteranno al collasso l’economia russa”, io sono un NO-tax, dopo essere stato un NO-vax, e ho un rapporto almeno di contiguità ideale con gli autori dell’assalto alla CGIL. Io sono una sigla “criminale”, un no-parola-di-tre-lettere, non un cittadino con le sue opinioni, formatesi attraverso le proprie elaborazioni. No signori: le mie opinioni non sono legittime.
Ma la cosa più interessante di questo articolo si trova nello svolgimento, dove si legge: “…le manifestazioni No Pass che si sono succedute a raffica negli ultimi DUE ANNI, fino all'assalto alla sede nazionale della Cgil il 9 ottobre scorso a Roma.”
Dunque secondo i due giornalisti le manifestazioni contro il green pass sarebbero iniziate un anno prima del varo del green pass. Il quale, nella versione all’italiana che ha determinato la protesta sociale, è iniziato il 6 agosto 2021, tredici mesi fa.
Ancora: “Prima era il Green Pass, poi è stato il turno dei vaccini. Dunque, il conflitto in Russia. Adesso è il caro bollette.” Lo riscrivo: “Prima era il Green Pass, poi è stato il turno dei vaccini.”
Foschini e Monaco danno prova di non avere la minima idea di ciò di cui stanno parlando; danno anzi l’idea che non abbia la minima importanza sapere di cosa si sta parlando, quando si tratta di costruire una post-verità, e in questo caso di dipingere l’identità del nemico pubblico da offrire all’auditorio, per gli orwelliani 15 minuti quotidiani di odio - indispensabili perché si rinsaldi il sentimento identitario nell’obbedienza alle filiere rigidamente verticali di comando, informazione, interpretazione, simbolizzazione.
7) Un altro caso estremamente attuale – interessante e drammatico per le sua implicazioni – è la posizione di Giuseppe Remuzzi rispetto al dirompente e famoso studio sugli antinfiammatori pubblicato sul “Lancet”, impugnato da molti per alzare il livello della critica alla gestione del covid dei governi Conte e Draghi, del continuativo Ministero Speranza, e dell’AIFA diretta da Magrini. Remuzzi si è affrettato a prendere le distanze da chi strumentalizzava a fini politici lo studio, difendendo a spada tratta l’operato di Ministero e AIFA: “In Italia l'atteggiamento del ministero e dell'Aifa è sempre stato IMPECCABILE. Non c'era evidenza che qualcos'altro funzionasse quando sono stati pubblicati i primi risultati sugli antinfiammatori. Quando invece sono apparse le prime evidenze, l'Italia è stato il primo Paese al mondo a introdurre gli antinfiammatori nella cura contro il Covid”.
Qui c’è una conclamata post-verità, nella forma dell’autocontraddizione e parziale falsificazione, che consiste nel lasciare intendere che il Ministero abbia introdotto nei protocolli gli antinfiammatori proprio per la funzione che gli studi di Remuzzi stesso e altri indicano: cioè una funzione non solo e non tanto di “trattamento sintomatico” (abbassare la febbre e togliere il dolore), ma soprattutto – salvificamente – terapeutica (curare l’infiammazione e prevenire le conseguenze anche letali della sua possibile evoluzione, purché la somministrazione avvenga secondo determinati criteri).
Si può facilmente verificare che nei protocolli pubblicati il 26 aprile 2021 e TUTT’ORA in vigore paracetamolo e antinfiammatori sono equiparati - e presentati come uno alternativo agli altri – sotto la voce “trattamenti sintomatici”, con tanto di specifica “in caso di febbre o dolori articolari o muscolari”. Nessuna indicazione, ancora oggi, sull’opportunità e necessità di controllare l’infiammazione - vera fonte di rischio, anche letale, con la malattia in questione – tramite un determinato uso degli antinfiammatori (e non del paracetamolo).
8 ) Quest’ultimo caso è emblematico perché abbiamo la fortuna – grazie ai giornalisti d’inchiesta di Report – di avere a disposizione una cruciale testimonianza rubata a Fredy Suter, il principale collaboratore di Remuzzi per questi studi, grazie alla registrazione di un fuori onda al termine di un’intervista. Il documento risale al febbraio 2022. Durante l’intervista Suter riceve una telefonata – da un suo collaboratore evidentemente allarmato per quello che potrebbe dire, sembrerebbe – al quale dà le seguenti rassicurazioni (trascrivo - si ascolti il link sotto dal minuto 2:30, e soprattutto da 3:55):
“Noi non possiamo dire che non abbiamo potuto fare lo studio perché NON SI POTEVA FARE UNO STUDIO CHE ANDASSE CONTRO LE NORME DEL MINISTERO… ho capito… io cerco di stare estremamente attento su questo, non preoccuparti.”
Il giornalista cerca di approfondire questa dichiarazione scioccante, con la telecamera apparentemente spenta, e Suter si lascia andare.
Giornalista: “Poi alla fin fine loro vi hanno chiesto espressamente di non infilare la tachipirina nel gruppo di controllo per non creare problemi?”
Suter: “Loro non accettavano…”
Giornalista: “La vostra idea iniziale [per lo studio dell’Istituto Mario Negri] era fare tachipirina contro aspirina. Però vi hanno consigliato: evitiamo di fare tachipirina perché andiamo in scontro diretto.”
Suter: “Mi sembra che fosse un po’ così. (…) Personalmente penso che solo con questa norma avremmo risparmiato migliaia di morti.”
Dunque, AIFA e Ministero sono stati “impeccabili” (Remuzzi), oppure con una diversa norma “avremmo risparmiato migliaia di morti” (Suter)? A naso direi che la versione di Suter, detta con la spontaneità di una conversazione privata, è la verità; quella di Remuzzi la post-verità.
Conclusione:
Pare che a molti italiani la vita immersa nella bolla della post-verità piaccia. Sono quelli che, da feroci avversari del M5S, sono diventati ferventi estimatori di Giuseppe Conte; che poi, pur keynesiani se non addirittura socialisti fino al giorno prima, sono diventati devoti al grande privatizzatore Mario Draghi e al suo prestigio internazionale; sono quelli che domani - sono pronto a scommetterci –, pur avendo tremato per anni all’idea di un governo Meloni, diventeranno estimatori della Meloni non appena lei riceverà la benedizione dei consessi internazionali, a costo di rinunciare a qualche asperità del suo programma, e rivestirà la sua azione di governo con l’aura dell’unità nazionale.
Io, per me, non mi sento molto a mio agio, devo confessarlo. Ecco quello che penso.
Se durante una pandemia che causa centinaia di migliaia di morti uno scienziato autorevolissimo arriva prima ad auto-censurarsi nella stessa impostazione di uno studio medico-scientifico che può servire a salvare vite, per non creare problemi alla politica, e poi ad autocensurarsi nella lettura retrospettiva dei fatti, per lo stesso motivo, allora la post-verità è diventata una cosa tanto pervasiva, inquietante e tentacolare che, al confronto, le farraginose e stentate fake news dei cospirazionisti di ogni sorta appaiono come innocue battute di spirito. E mi viene da chiedermi, ancora una volta, cosa sia rimasto dell’etica, della scienza, della trasparenza, del liberalismo, dei diritti (compreso quello alla salute: perché escludere il paracetamolo dal gruppo di controllo nello studio citato, per convenienze politiche, è un limite al diritto alla salute di molti, mi pare), del diritto di critica, della libertà di pensiero, della libertà in generale. 

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