Un interessante articolo di Robert Dingwall sul "principio di precauzione" apparso sul sito di Tom Jefferson e Carl Heneghan alla cui newsletter consiglio a tutti di iscriversi perchè offre tanti spunti di riflessione: https://trusttheevidence.substack.com/
Il mondo biomedico ha l'irritante abitudine di attingere alla terminologia delle scienze sociali e usarla senza comprenderne realmente il significato. Il "principio di precauzione" è un buon esempio. Questa espressione è in circolazione da circa sessant'anni negli studi scientifici sociali e giuridici sulla regolamentazione.
Il concetto di principio di precauzione è stato sviluppato per la prima volta in relazione alle politiche pubbliche in materia di ambiente, ma si è poi esteso agli studi sulla salute e la sicurezza sul lavoro e, più in generale, sull'introduzione di tecnologie innovative.
Nel corso della pandemia di Covid, è stato utilizzato da un gran numero di medici, ma in una direzione completamente opposta a quella definita da tutti gli altri settori che fanno uso di questo termine.
Il principio di precauzione non ha mai incoraggiato l'introduzione di innovazioni, programmi o interventi sulla base del fatto che potrebbero fare del bene.
Si tratta, infatti, di un principio conservatore che afferma che le innovazioni non dovrebbero essere consentite a meno che non si stabilisca che i benefici saranno maggiori dei danni. Questo principio indica ai sostenitori dell'innovazione che devono cercare i danni tanto quanto i benefici. Se i danni sono teorici, prima che l'innovazione possa essere presa in considerazione si deve fare ricerca per raccogliere prove al riguardo.
L'esempio più noto è probabilmente quello delle colture alimentari geneticamente modificate (OGM). Queste sono emerse per la prima volta dai laboratori a metà degli anni '90. La base degli OGM è una scienza geniale, ma gli sviluppatori non avevano fatto un lavoro sufficiente per stabilire il loro impatto su altre varietà della stessa specie, su altre specie, sulla disponibilità di cibo per la fauna selvatica o sulla salute umana. Si dava per scontato, a ragione, che i pomodori, il cotone o il mais geneticamente modificati sarebbero stati identici alle varietà prodotte con la riproduzione convenzionale. Molti gruppi ambientalisti e di consumatori in Europa non erano d'accordo. In assenza di prove che dimostrassero che queste colture non presentavano i rischi teorici evidenziati dai loro critici, non sono state ammesse sul mercato. I loro sostenitori non sono riusciti a dimostrare che i rischi erano stati esagerati o che gli eventuali danni erano superati dai benefici.
Per molti versi, il principio di fondo è noto ai medici come primum non nocere; il primo dovere di un medico è quello di non nuocere. Questo principio è integrato in molti regolamenti che riguardano l'industria farmaceutica e dei prodotti medicali. La sicurezza non può essere data per scontata, ma deve essere dimostrata. Naturalmente, esiste un elemento di proporzionalità. Se un farmaco è destinato a prolungare la vita di pazienti oncologici in fase terminale, può essere opportuno tollerare un rischio maggiore di effetti avversi rispetto a una cura per l'indigestione destinata a un mercato di massa.
Come si può immaginare, il principio di precauzione non è gradito agli aspiranti innovatori, che si accorgono di non poter immettere sul mercato i loro prodotti con la rapidità e l'economicità che vorrebbero. L'esperienza degli OGM ha infine portato l'Unione Europea a chiarire la sua intenzione che il principio di precauzione dovrebbe fornire un ingresso sul mercato piuttosto che una barriera. L'industria farmaceutica, in particolare, ha sostenuto un "principio di innovazione", in base al quale i prodotti verrebbero autorizzati a meno che non vi siano prove sostanziali di danni. Ciò inverte il principio di precauzione, proprio come alcuni dei suoi utilizzatori medici durante la pandemia.
Le condizioni di emergenza non giustificano l'abbandono del principio di precauzione. Se l'azione è urgente, ma i benefici e i danni sono incerti, allora le azioni o le innovazioni devono essere temporanee, provvisorie e strettamente monitorate con l'obiettivo di ritirarle o interromperle se i benefici non sono proporzionati ai danni. Fare qualcosa "per sicurezza" o "potrebbe essere utile" non è sufficiente.
Le politiche pandemiche sarebbero state molto diverse se il principio di precauzione fosse stato applicato correttamente, soprattutto per quanto riguarda gli interventi non farmacologici. Questi avrebbero dovuto essere esaminati con gli strumenti consolidati degli studi sulla regolamentazione nelle scienze sociali e nel diritto per valutarne la legittimità, la proporzionalità e l'efficacia.
In effetti è proprio ciò che sto scrivendo da due anni a questa parte. Spero che questo articolo venga letto anche dal ministro della Sanità prima che vengano prese le decisioni per le nuove regole nelle scuole e la campagna vaccinale, se questo mai verrà fatto!
Nessun commento:
Posta un commento