Da Repubblica di oggi: "Il Covid adesso è come l'influenza".
Adesso?? Ma mi faccia il piacere, come diceva Totò!
Commento la notizia, ripubblicando un mio post del 26 novembre 2021. Non lo faccio per ottenere like, ma solo per far comprendere che già 21 mesi fa disponevamo di tutti gli elementi "logico-storico-scientifici" per fare un'affermazione del genere.
Rimane, come sempre, da chiederci perchè allora non fu fatta.
“Il Covid 19 è come l’influenza”
Ebbene sì. Quando, all’inizio dell’epidemia, i vari Burioni, Capua, Bassetti, Pregliasco fecero affermazioni di questo tipo, secondo me avevano ragione.
Vi spiego perchè.
Esiste, in epidemiologia, un fenomeno noto e ben studiato che si chiama “Harvesting” e cioè un periodo di eccesso di mortalità che segue naturalmente la comparsa di un virus nuovo.
Nel 1918 apparve sulla scena mondiale un nuovo ceppo virale, il sottotipo H1N1 del virus dell’influenza A che provocò, nei due anni a seguire, quasi 100 milioni di morti. Insomma, la famosa “Spagnola”. Non è mai più scomparso dalla scena. Da allora ci infetta ogni anno durante le epidemie influenzali stagionali.
Noi, con l’influenza, ci conviviamo. Accettiamo, anche se ogni anno ci arrabbiamo e protestiamo chiedendo un loro potenziamento, per il fatto che gli ospedali e i pronto soccorso, nel periodo epidemico, siano sovraffollati, taluni al collasso, e soprattutto accettiamo che ogni anno ci siano una media di 15mila morti in eccesso dovute, in maniera diretta o indiretta all’influenza.*
Il ceppo “spagnolo” in realtà ha attenuato, anno dopo anno, in maniera naturale, la sua virulenza (è la caratteristica di tutti i virus molto contagiosi che “non vogliono” scomparire).
Ma noi non ci siamo accontentati di questa sua innata caratteristica. Abbiamo, fin dagli anni ’50, studiato e prodotto vaccini per proteggere ulteriormente quelle categorie, anziani e fragili, che sono più suscettibili in caso di contagio e, anche se solo in parte, ci siamo riusciti. Sicuramente, senza vaccino, i decessi annuali correlati al virus influenzale sarebbero molti di più.
Affrontiamo l’influenza annuale con una strategia semplice: vaccinazione gratuita e incentivata per anziani e fragili, tampone per il virus influenzale nei soggetti ricoverati con sintomi attribuibili alla malattia per poterlo tipizzare e per poterne monitorare l’andamento e la diffusione, indicazioni per la popolazione di restare a casa se sono presenti sintomi. Quest’ultimo invito purtroppo non sempre è seguito, fondamentalmente perché la percezione comune dell’influenza è quella di una malattia banale, e non è insolito sentire qualcuno che si dichiara felice perché finalmente può rimanere 2 o 3 giorni a letto a riposarsi e vedere la televisione.
Concluse queste considerazioni sull’influenza (non solo mie, ma comuni a tanti altri medici), mi chiedo: quali sono le differenze con Sars Cov 2?
Poichè io valuto ormai terminato il periodo di “harvesting”, la differenza più lampante risiede nella smodata esecuzione dei tamponi.
Sottoponendo a tampone un grande numero di persone troviamo 𝗺𝗼𝗹𝘁𝗶𝘀𝘀𝗶𝗺𝗶 𝗽𝗼𝗿𝘁𝗮𝘁𝗼𝗿𝗶 𝗮𝘀𝗶𝗻𝘁𝗼𝗺𝗮𝘁𝗶𝗰𝗶 𝗱𝗲𝗹 𝘃𝗶𝗿𝘂𝘀.
Sottoponendo a tampone tutti coloro che entrano in ospedale per sottoporsi a cure, 𝐢𝐧𝐝𝐢𝐩𝐞𝐧𝐝𝐞𝐧𝐭𝐞𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐝𝐚𝐥 𝐦𝐨𝐭𝐢𝐯𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐫𝐢𝐜𝐨𝐯𝐞𝐫𝐨, otteniamo dei numeri falsati (anche se ormai da molto tempo in misura tale da non costituire alcuna preoccupazione per la tenuta del sistema ospedaliero) rispetto ai reali malati di Covid19.
Vi chiedo di immaginare cosa sarebbe successo se avessimo utilizzato la stessa strategia nel 2016/2017 quando fu rilevato un eccesso di mortalità, attribuita al virus influenzale, di 25mila decessi*.
Non credo ci sarebbe stata alcuna differenza rispetto alla situazione di oggi, ma, ci saremmo veramente arrivati ad un oggi? E in caso di risposta affermativa, in quali condizioni ci saremmo arrivati?
Insomma, se realmente vogliamo uscirne, cerchiamo di affrontare l’argomento con la ragione e non con la confusione generata dalla rabbia che mi sembra sia ormai la caratteristica del confronto odierno che non si può più certo definire scientifico.
Prendere in esame di impiegare la stessa strategia che utilizziamo ogni anno per le epidemie influenzali può essere, a mio avviso, un buon argomento di discussione e di studio per coloro che decidono le politiche sanitarie del nostro paese e faccio notare che, in realtà, altre nazioni hanno già fatto scelte di questo tipo.
Permettetemi poi di concludere con l’argomento che ormai è il mio chiodo fisso: non vacciniamo i bambini sani. Non conosciamo ancora i possibili effetti avversi del vaccino, ai bambini sani non serve e, statene certi, anche se riuscissimo a vaccinare il 101% della popolazione mondiale, il SARS-Cov-2 non scomparirà mai.
Nessun commento:
Posta un commento